04 Mag – Il messaggio del Forum delle Economie” by UniCredit con il Consorzio del Brunello di Montalcino. Nel 2020 perdite in media del -10-15%

Vino italiano, il ritorno a livelli pre-covid19 nel 2022. Centrale la ricostruzione del valore

Omnicanalità, tra una gdo che è cresciuta, un on line che è esploso e un horeca che ha sofferto ma che prova a ripartire; nuovi formati, con un occhio particolare al tema del vino in lattina, ancora poco esplorata in Italia ma sempre più di successo nel mondo, soprattutto tra i giovani; diversificazione e ampliamento della gamma di prodotto, con grande attenzione a tutto il mondo del vino bio, naturale e a basso contenuto di alcol, che va incontro ad una domanda dove il tema della salute e della salubrità è sempre più trasversale ed importante; sostenibilità, a 360 gradi, dalla vigna allo scaffale, passando per quella sociale ed economica; digitalizzazione, perchè è da qui che, in ogni ambito, passa il futuro: ecco i temi strategici da affrontare per la filiera del vino di oggi e di domani, come emerso dal focus sul vino del “Forum delle Economie”, firmato da UniCredit (in collaborazione con il Consorzio del vino Brunello di Montalcino

Il nodo centrale, ovviamente, sarà la ripresa vera, della ristorazione, del turismo e non solo: secondo Unicredit, il giro d’affari del vino, che già vedrà un rimbalzo in questo 2021, tornerà ai livelli pre-covid nel 2022. Ovvero a quei 13 miliardi di euro di valore alla produzione del 2019, ultimo anno “pulito” prima della pandemia, quando il comparto enoico ha contribuito con il 10% al fatturato totale del food & beverage italiano. Ed a far sperare in una nuova era di crescita, per il vino italiano, sono tanti fattori. Perchè se è vero che l’impatto del Covid è stato pesante (Unicredit stima un calo medio dei fatturati tra il -10% ed il -15%, seppur con differenze importanti da azienda azienda, con perdite molto maggiori per chi è focalizzato sulla ristorazione, a lungo ferma in Italia e nel mondo, ndr), il settore, come spesso accaduto nella storia, si è confermato più resistente di altri. E se le esportazioni sostanzialmente hanno tenuto (6,3 miliardi di euro, -2,2% nel 2020 sul 2019), a confortare è stata la tenuta dei consumi, almeno in volume, con la spesa delle famiglie cresciuta del 7% su base annua, contro un +1,2% nel 2019 sul 2018. Segno che gli italiani non hanno rinunciato ad un buon calice di vino, che anzi è tornato, gioco-forza, protagonista di una nuova quotidianità che inevitabilmente cambierà ancora, una volta superata la pandemia, ma che può costituire una base importante per ripartire.

D’altronde, l’Italia che fu Enotria, è il Paese del vino, con tanti primati: da quello (che vale quel che vale) della produzione, a 52 milioni di ettolitri nel 2020 secondo i dati Istat, a quello dei vini a denominazione, 526 tra le 408 Dop e le 118 Igp, contro i 436 della Francia o i 139 della Spagna. Un patrimonio, sottolinea ancora Unicredit, protetto e promosso da 122 consorzi di tutela. La grande sfida, però, è la costruzione, o meglio la ricostruzione, del valore. Perchè se in consumi interni hanno tenuto in volume, con la ristorazione chiusa lo hanno fatto a discapito del valore, e lo stesso discorso vale per l’export: si è interrotta, infatti, la tendenza all’aumento dei valori medi unitari alle esportazioni, e in molti Paesi europei le vendite, sottolinea Unicredit, si sono chiuse su prezzi più bassi. La buona notizia sui mercati esteri è che l’Italia ha retto meglio di alcuni competitor, mantenendo e in alcuni casi aumentando le quote di mercato, soprattutto in quei Paesi dove era già leader nell’importazione di vino in tempi pre-Covid19. E anche questo, se ben sfruttato da ora in avanti, è un elemento che fa guardare al futuro con rinnovata fiducia, dopo mesi davvero difficili, da cui buona parte del mondo è già uscita, e un’altra, più rapidamente, come Usa e Uk, o più lentamente, come l’Europa, sta uscendo. Con tanta voglia di brindare, con un buon calice di vino, alla ripartenza.

Fonte: Winenews.it
04/05/2021

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