27 Giu – Ambientale, economica e sociale: è il futuro della viticoltura, la chiede il mercato, la pretende il Next Generation Ue

La sostenibilità al centro dell’assemblea Uiv: il protocollo entro l’estate

Dopo il biologico, è la sostenibilità – incardinata su tre pilastri (ambientale, economica e sociale) – la stella polare che guida il presente ed il futuro delle imprese del vino italiano, sull’onda del decreto firmato due settimane fa dal Ministero delle Politiche Agricole, che dovrà stabilire le regole per il “sistema di certificazione della sostenibilità della filiera vitivinicola”, ovvero uno standard unico nazionale ed ufficiale. Un passo accolto con entusiasmo da Unione Italiana Vini (Uiv), che ha messo proprio il grande tema della sostenibilità al centro dell’annuale Assemblea Generale, declinandolo nelle case history di aziende di riferimento del settore enoico come le siciliane Settesoli e Firriato, la sarda Argiolas, la Marchesi Frescobaldi e il gruppo Schenk Italian Wineries.
Lo standard unico, che sarà la sintesi dei protocolli esistenti (Viva, Equalitas, Tergeo), arriverà prima della fine dell’estate, come ha assicurato il Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli, e sarà fondamentale per costruire un modello produttivo che sia in sintonia con gli obiettivi del Next Generation Eu. Tra i capisaldi della politica Ue dei prossimi anni, infatti, ci sono la transizione ecologica e quella digitale, che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) affronta sotto diversi punti di vista. Un treno su cui il mondo del vino, partendo già dalla prossima Pac, deve salire, non solo perché gli aspetti produttivi di ogni azienda, a maggior ragione se dell’enogastronomia d’eccellenza, sono ormai legati a doppio filo al concetto di sostenibilità, che vuol dire prima di tutto giocare un ruolo attivo nel proprio territorio, ma anche perché è il mercato stesso che premia le produzioni sostenibili, a partire proprio dal vino, come racconta lo studio di Wine Intelligence presentato da Pierpaolo Penco. Chiarito l’obiettivo, come emerso dagli interventi del presidente Uiv Ernesto Abbona, del Profesoore Angelo Riccaboni, presidente del Santa Chiara Lab dell’Università di Siena, di Paolo De Castro, coordinatore S&D alla Commissione Agricoltura a Bruxelles e di Gian Marco Centinaio, sottosegretario alle Politiche Agricole con delega al vino, si deve adesso lavorare, come filiera, per decidere il come, partendo proprio dalle risorse stanziate dal Pnrr, fondamentali per dotare le aziende del vino delle tecnologie e delle professionalità necessarie ad intraprendere nel migliore dei modi la strada della sostenibilità.
“Siamo promotori di un cambiamento necessario”, esordisce Ernesto Abbona, presidente di Unione Italiana Vini (Uiv) nell’intervento che chiude l’Assemblea Generale. “Nel 2020 abbiamo continuato a lavorare, ma con la paura degli esuberi e di non sapere come vendere le nostre produzioni, situazioni difficili da gestire. Poi, il Governo ha predisposto risorse straordinarie per far ripartire i consumi, una risposta importante. Al contempo, anche sull’onda del boom dell’e-commerce, ci siamo concentrati sulla digitalizzazione, perché ci sentiamo marginalizzati, vivendo in campagna, dalla transizione digitale, oltre che da quella infrastrutturale. Altro tema fondamentale da affrontare è quello della transizione ecologica, perché c’è in atto un cambiamento climatico che è sotto gli occhi di tutti. La sostenibilità è il grande tema di oggi, una e trina: ambientale, economica e sociale. Dobbiamo investire in formazione e capitale umano, non bastano impegno e buona volontà, dobbiamo crescere ed istruirci, condividendo degli obiettivi. Uno standard unico – continua Abbona – non solo è benvenuto, ma è anche indispensabile e necessario, una richiesta soddisfatta, ma che deve essere estesa a tutti, e che sia democratica, perché solo così i territori sono tutelati e i clienti rispettati. Il ruolo della Uiv è cruciale, siamo un trait d’union, e questo risultato è il coronamento di un impegno lungo anni. È un percorso che ci porta a chiedere al Ministro Patuanelli di realizzare misure straordinarie per il rilancio del nostro settore, che pure è già in atto: dopo il panico abbiamo vissuto un anno di soddisfazioni, risalendo la china con le nostre forze. Noi sappiamo competere con tutto il mondo, ma bisogna rafforzare le misure di promozione dei nostri vini all’estero, da dove manchiamo da troppo tempo, con le risorse già deliberate e che hanno bisogno di essere messe a disposizione il prima possibile”.
Formazione alle imprese, monitoraggio del mercato, riorientamento di fondi (anche Psr e Ocm) per investimenti sulle performance ambientali e promozione del logo pubblico “vini sostenibili” saranno i quattro capisaldi della “roadmap sulla sostenibilità” di Unione Italiana Vini (Uiv). “La sostenibilità è, in primo luogo, un cambio di paradigma, una transizione culturale che Unione Italiana Vini intende continuare ad accompagnare e guidare. Per questo abbiamo pensato a un percorso pluriennale, fulcro delle nostre attività istituzionali e di servizi, che ci consenta di lavorare sulle direttrici fondamentali per la riuscita del progetto: formazione, monitoraggio e posizionamento, investimenti, promozione. Un impegno che, auspichiamo, condivideremo con tutti i protagonisti della filiera, dalle istituzioni alle stesse imprese”, conclude Ernesto Abbona.
Prima tappa della roadmap della Uiv, i percorsi di formazione e informazione, che accompagneranno le imprese associate verso il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità. A questo lavoro di awareness, si affiancheranno poi le attività dell’Osservatorio del Vino Uiv per misurare l’impatto e condividere i dati delle performance dei “vini sostenibili” prodotti in Italia sul mercato domestico e nelle piazze estere. Sul fronte della programmazione e degli investimenti, Unione Italiana Vini ha chiesto al Ministro Patuanelli linee guida che consentano di adattare gli attuali strumenti di sostegno alle imprese, in particolare i fondi dei Piani di Sviluppo Rurale Regionali e alcune misure dell’Ocm, verso misure di investimento orientate al miglioramento delle performance ambientali e all’ottenimento della certificazione ambientale pubblica. Infine, si punta alla promozione del logo pubblico “vino sostenibile”: la definizione dello standard pubblico nazionale e del logo sulla sostenibilità nel vino rappresenta il primo passo, a cui andranno affiancate campagne promozionali istituzionali efficaci che promuovano il modello del vino sostenibile all’estero, anche per facilitarne il suo riconoscimento da parte dei consumatori e degli enti stranieri.
“Il motivo per cui beviamo vino non è la sete, ma perché è un prodotto del nostro territorio, della nostra cultura, le tipicità sono legate ai campanili, e la loro somma ha fatto grande il nostro Paese”, dice, rispondendo agli stimoli arrivati dai produttori di Unione Italiana Vini (Uiv) il Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli. “Il vino rappresenta tutto questo, e la più grande sfida è scongiurare l’omologazione delle produzioni agroalimentari, che a livello globale è invece un tema di discussione. Per le nostre modalità e capacità produttive, è un problema, che l’enogastronomia italiana deve scongiurare. Mettere in campo progetti che proteggono la distintività delle nostre produzioni è un obiettivo primario. Un principio insito nella Pac, che ha obiettivi chiari e strumenti soddisfacenti, con il solo rammarico della mancata sburocratizzazione dello strumento, c’era spazio per fare meglio”.
“Per le risorse sulla promozione, ci sono, e quando avremo il logo sulla sostenibilità ce ne saranno altre, così come per la comunicazione. Competenze e formazione sono due temi centrali, dobbiamo avere la capacità di informare i produttori di quali sono le progettualità del Piano Transizione 4.0, perché le risorse ci sono. In tema di competenze, mettere a sistema ricerca e sviluppo e conoscenze dei produttori, è un elemento che va sviluppato ed approfondito. In Italia il modo in cui si trasferiscono le competenze è centrale. Ho dubbi sulla gestione delle amministrazioni locali dei fondi: il problema vero è che più si va vicino al mondo produttivo e più è forte la pulsione ad accontentare tutti e a non fare le scelte. Avvicinare troppo il decisore al territorio porta alla frammentazione, invece le scelte devono essere rapide e concrete, ma vanno fatte: non possiamo tenere dentro tutto e tutti. E se il mondo del vino ha avuto, dopo i drammi dello scorso anno, una reazione tanto positiva, è perché ha saputo fare delle scelte dinamiche e concrete. Ci vuole una regia nazionale, il Pnrr è un’occasione, che rimette il Ministero al centro: abbiamo la possibilità di scegliere i criteri secondo cui distribuire le risorse, e lo faremo”, continua il Ministro Patuanelli.
“La chiarezza è un altro elemento centrale: il prefisso bio è davanti al qualsiasi cosa, e prima o poi il mercato capirà da sé cosa è realmente bio. E poi la necessità di semplificare a livello di regolamenti e burocrazia, anche per diventare più veloci nel dare le risposte giuste agli imprenditori. Ogni volta che proviamo a sburocratizzare, aggiungiamo norme, per cui non sono ottimista, ma vedo una piccola luce in fondo al tunnel. Siamo consapevoli di avere risorse da spendere, e quando siamo in difficoltà siamo sempre bravi ad uscirne. Contiamo, entro la fine dell’estate, di mettere il disciplinare di sostenibilità a disposizione dei produttori di vino”, conclude il titolare del Dicastero delle Politiche Agricole.
Sempre dal mondo della politica, Giuseppe Blasi, Capo Dipartimento delle Politiche Europee e Internazionali e dello Sviluppo Rurale del Ministero delle Politiche Agricole, sottolinea come “il decreto sostenibilità del vino, su cui contiamo di ottenere l’approvazione delle regole attuative entro la fine dell’estate, non è solo un punto di arrivo ma anche di partenza: le Regioni stanno infatti già inserendo i requisiti di sostenibilità all’interno dei Piani di sviluppo rurale come fattore incentivante, ma il grande salto di qualità si farà con il piano strategico nazionale. E in questo contesto dovrà trovare spazio tutto il processo di armonizzazione nel quale ci siamo impegnati negli ultimi anni”. In materia di Pnrr, per Blasi: “Nel piano non sono indicate esplicitamente le filiere, ma abbiamo ottenuto delle risposte molto importanti per il settore del vino: dalla logistica all’innovazione tecnologica fino al tema della acqua, sul quale siamo già partiti”.
Il protocollo di sostenibilità della filiera vino è un dispositivo che permetterà ai prodotti certificati sostenibili di essere commercializzati, primi in Europa, con un marchio pubblico di riconoscimento, un passo che la Nuova Zelanda ha fatto da anni, raccogliendone i frutti. Da vent’anni l’industria vinicola neozelandese ha intrapreso la via sostenibile, e oggi il 96% della sua superficie vitata è certificata. Su questo asset, basato su un’azione integrata di rispetto dell’ambiente, delle persone e su un obiettivo di neutralità carbonica entro il 2050, il Governo di Wellington ha costruito un brand riconosciuto in tutto il mondo. La fogliolina che certifica in etichetta la sostenibilità delle bottiglie prodotte è sempre più richiesta, e non è un caso se, anche nell’anno del Covid, l’export neozelandese di vino è cresciuto – unico tra i top produttori – del 5,4%, per un corrispettivo di 1,13 miliardi di euro. Secondo le elaborazioni di Unione Italiana Vini (Uiv) sui dati della New Zealand Winegrowers, nell’ultimo decennio (2011-2022), l’incremento dell’export in termini di valore è stato del 76%, che equivale al 150% in più rispetto alla crescita nello stesso periodo del mercato mondiale delle esportazioni. E il brand sostenibile premia anche il prezzo medio, che lo scorso anno ha superato i 5,6 euro al litro: quasi il doppio del prezzo all’export di vino italiano. Gli Stati Uniti sono il principale buyer dei vini green neozelandesi, con un exploit, dal 2011 a oggi, del +168%, e con un valore delle vendite che lo scorso anno ha superato i 365 milioni di euro. Seguono Regno Unito (+58%), Canada (+130%) e Germania, cresciuta addirittura del +1150% e protagonista di un +48% nell’ultimo anno.
“Con la nuova Pac siamo riusciti a inserire la riassegnazione dei diritti d’impianto non utilizzati entro il 2022 per poterli riassegnare dal 2023; parliamo di 5-6.000 ettari, oltre a quell’1% a discrezione degli Stati membri. Inoltre, siamo a buon punto anche per il via libera dell’estensione di un anno delle autorizzazioni d’impianto già ottenute. Una proroga, sino alla fine del 2022, dovuta alla pandemia e alla conseguente crisi vissuta nell’ultimo periodo”, aggiunge Roberto Berutti, gabinetto del commissario all’Agricoltura della Commissione Europea, Jacub Wojciechowski. “Con la recente approvazione della Politica Agricola Comune (Pac) – riprende Berutti – il vino italiano percepirà per i prossimi 7 anni 348 milioni di euro l’anno, oltre ai fondi legati ai piani di sviluppo rurale potranno essere assegnati al settore. Tra le misure adottate, il consolidamento dei mercati portato a 8 anni anziché 5 e la conferma della cosiddetta vendemmia verde”.
A proposito di Pac, Paolo De Castro, coordinatore S & D alla Commissione Agricoltura a Bruxelles, ricorda l’importanza “dell’accordo politico trovato sulla riforma della Pac (Politica Agricola Comune), frutto di un lavoro durato tre anni. Sul tavolo abbiamo il frutto di una mediazione positiva, che ci permette di raggiungere molto obiettivi, in particolare per il settore vino, con quasi tutte le richieste accolte e portate a casa. Compresa l’etichetta, anticipando altri settori, e un dibattito che ci porterà all’etichettatura nutrizionale che arriverà la prossima primavera, vediamo come. Sono passaggi delicati, che contrappongono sistemi e approcci culturali differenti: non ci piacciono le pagelle slegate dalle quantità consumate. La Pac (Politica Agricola Comune) ha il grande merito di aver trovato un equilibrio tra sostenibilità ambientale e strumenti per essere più forti e competitivi”.
Tornando al protocollo sostenibilità, “il Dl vuole dare una risposta veloce ad una richiesta del settore, condivisa da tutte le associazioni di categoria”, dice Gian Marco Centinaio, Sottosegretario all’Agricoltura (con delega al vino). “Essere sostenibili nel settore del vino è esempio di come Italia sia all’avanguardia, e questo è un plus quando si va in giro. Siamo pronti ad affrontare la sfida della sostenibilità, non dobbiamo prendere lezioni da nessuno, l’Europa ci chiede sforzi, noi possiamo dire di essere pronti, anche in modo attivo, nell’utilizzo dei fondi europei che arriveranno al nostro Paese. Dobbiamo dimostrare di essere in grado di utilizzarli per rilanciare il settore vino e l’agroalimentare tutto. La politica, a livello ministeriale, c’è, per portare avanti tutte le istanze che arrivano dal settore”.
Infine, da un punto di vista economico, l’analisi del professore Angelo Riccaboni, presidente Santa Chiara Lab dell’Università di Siena. “Nel Pnrr ci sono risorse importanti, 8 miliardi di euro per l’agroalimentare sostenibile, che si riferiscono a logistica, parco agrisolare, agricoltura di precisione, e poi c’è il tema della filiera sostenibile (2,8 miliardi di euro), ma non si parla mai di vino, o di altri settore agricoli precisi. Sulla sostenibilità le imprese italiane hanno già fatto molto, siamo pieni di buone pratiche, essere sostenibili conviene, non è un peso o un onere, c’è convenienza economica e sociale. Tanti sono gli esempi, c’è una relazione stretta tra gli attori della filiera come in nessun altra, senza dimenticare il ruolo di crescita del contesto. L’asticella, adesso, si sta alzando, perché i consumatori iniziano a chiedere di consumare prodotti sostenibili, per questo serve una certificazione, al mercato serve la prova della sostenibilità aziendale. La certificazione di sostenibilità è l’ennesima occasione per migliorare la gestione delle imprese. Come Italia dobbiamo far vedere che le nostre aziende, che difficilmente fatturano un miliardo di euro, sono all’altezza e possono stare al tavolo che definisce le regole di domani. Se non ci siamo, al di là della politica, è un problema per le nostre imprese. Il sistema è capace di autoregolarsi, proporre degli impegni, nella tensione tra Nord e Sud Europa si rischia uno scontro che non ci possiamo permettere. È importante promuovere nuove pratiche, e il modello italiano, disegnato sulle piccole imprese, può diventare un riferimento per tutti”, conclude il professore Angelo Riccaboni.

Focus – La sostenibilità secondo le aziende: case history e richieste alla politica
“Siamo un Colosso da 2.000 soci e 3.000 ettari – dice Giuseppe Bursi, presidente di Cantina Settesoli – e ci muoviamo da tempo nella logica della sostenibilità, lavoriamo per utilizzare al meglio i 900 ettari coltivati a bio. Ci sono voluti investimenti importanti, e adesso puntiamo alla certificazione di processo, non solo di prodotto. Dopo il decreto, bisogna investire ulteriori risorse per comunicare questa innovazione, i bandi devono premiare chi va in quella direzione, un processo da fare con le Istituzioni, per far sì che le aziende aderiscano. Obiettivo è rendere sostenibile la Sicilia, abbiamo il dovere di pensare alle nuove generazioni, e noi come cooperativa sociale abbiamo a cuore l’economia della zona tanto quanto il sociale. Le esperienze territoriali e la loro valorizzazione sono fondamentali per proporsi sui mercati”.
Federico Lombardo di Monte Iato, chief operating officer di Firriato, prima cantina italiana a impatto zero, sottolinea come “la carbon neutral è il raggiungimento di un obiettivo frutto di investimenti iniziati da oltre 20 anni. La strada della sostenibilità, all’epoca, poco aveva a che fare con le logiche di mercato. Spesso si banalizza, pensando che la sostenibilità si faccia in vigna, ma non è così. Tra i filari passa il 30% della sostenibilità, poi ci sono materiali, energia e quant’altro. Abbiamo sposato standard internazionali in ogni aspetto, per rendere sostenibile intrinsecamente ogni aspetto dell’azienda. A partire dall’energia, perché la maggiore componente di gas serra dipende da quello. Poi le risorse idriche e l’impronta delle emissioni, fino a governare e rendere neutra l’azienda. La managerialità, quando si parla di sostenibilità, è fondamentale, ma non è facile da trovare. La certificazione serve soprattutto a tenere sotto controllo gli obiettivi e porsene di nuovi. Noi abbiamo fatto così, decidendo di portare a zero il bilancio delle emissioni. Alle Istituzioni chiediamo fondi per permettere alle aziende di avere le giuste competenze, e poi creare dei competent center: tolta la componente scientifica, l’applicazione della sostenibilità in cantina e in vigna non è mai semplice”.
Daniele Simoni, amministratore delegato di Schenk Italian Wineries, è nel bel mezzo di un “percorso nato anni fa, con l’obiettivo di convertire tutti i nostri vigneti entro il 2022, e i prossimi vigneti e impianti saranno bio o in conversione. E poi attenzione al ciclo produttivo, all’uso che si fa dell’acqua, l’obiettivo è ridurne l’uso del 25% in un anno. La nostra impronta carbonica la inizieremo a calcolare a fine anno. La sostenibilità però è anche di tipo economico, così come nella comunicazione, senza dimenticare la sostenibilità sociale: garantiamo remunerazioni eque, incentivi e premi al raggiungimento degli obiettivi, ma anche sostegno ai territori e alle amministrazioni locali”.
Lamberto Frescobaldi, riducendo il discorso alle sole tenute toscane del gruppo, parte “dall’enorme patrimonio forestale, gestito in maniera sostenibile e certificato, con un ciclo virtuoso. I vigneti in gestione bio sono importanti, ma il vero problema sarà il calcolo della CO2, dobbiamo tenerlo bene a mente. Abbiamo due centrali, una alimentata con le vinacce, e una con gli scarti del legname”. Parlando di sostenibilità sociale, l’esempio più bello ed evidente è quello di “Gorgona, la più piccola delle sette isole dell’arcipelago toscano, isola carceraria, dove oggi ci sono 2,3 ettari vitati, per un progetto di sostenibilità sociale unico. Ci lavorano i detenuti, cui offriamo un’opportunità di lavoro prima di uscire dal carcere, così che abbiano qualcosa in tasca e conoscano un lavoro: assumiamo 18 persone ogni anno, e per loro la recidiva è crollata a zero. Alle Istituzioni chiediamo solo chiarezza, quando si parla di biologico, biodinamico, sostenibilità. Tante piccole aziende sono difficili da controllare, non presentano i bilanci, e allora servono più analisi”.
Infine, Francesca Argiolas, alla guida con la sorella Valentina della griffe enoica di Sardegna. “La nostra azienda è una foto della viticoltura italiana. Quando si parla di sostenibilità si parla di tradizione, è insita in noi, ci viene naturale, perché per essere sostenibili bisogna esserlo dalla vigna alla bottiglia. Uno dei concetti a cui siamo più legati è quello della difesa del patrimonio dei vitigni autoctoni: sono ambasciatori del nostro territorio. Sappiamo che ci sono porte che si chiudono ed aprono continuamente sul mercato, ma la differenza ci rende più competitivi. Alle Istituzioni chiediamo chiarezza ed uniformità, e poi velocità nelle scelte, perché noi dobbiamo sottostare ai ritmi della natura come a quelli del mercato, per questo ci vogliono scelte veloci, siamo un’eccellenza e i custodi di un patrimonio. Per quanto riguarda il disciplinare del protocollo sulla sostenibilità, deve essere democratico, accessibile a tutti passo dopo passo, non solo alle grandi aziende, altrimenti non sarà un grande passo avanti. Dobbiamo essere esempio di un modo sostenibile di fare impresa. Se si parla di sostenibilità, che non sia l’unico motore in grado di portare investimenti, non perdiamo di vista tutto il resto, a partire dall’innovazione”.

Fonte: Winenews.it
27/06/2021

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